Cos'è la Fede? Non è una certezza
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Cos’è la Fede? Non è una certezza

La Fede si avvicina più alla speranza che alla certezza

Cos’è la Fede? Proviamo a chiedercelo.

Non è una certezza perché altrimenti non sarebbe fede. L’unico a non avere Fede ma certezza è stato il Gesù-uomo, perché sapeva che si parlava di se stesso.

Dobbiamo prendere confidenza con questo concetto che può apparire scandaloso: Gesù non aveva Fede. E non aveva fede perché aveva la certezza.

L’uomo non può avere certezze. Lo dimostra la scienza sperimentale, che con le nuove conoscenze spesso (anzi, quasi sempre) arriva a contraddire se stessa.

I veri scienziati, ovvero la comunità scientifica, hanno modificato il concetto di Scienza a mano a mano che le nuove conoscenze sono state raggiunte.

Oggi la “fede” cieca nella Scienza è definita dai ricercatori stessi col termine di “scientismo” che col suo suffisso esprime un concetto negativo. Esattamente come la fede cieca e non supportata dalla razionalità viene definita dalla cultura cattolica come un estremismo nel termine “fideismo”.

La definizione della Scienza non è più riconosciuta dagli scienziati come una accezione che si esaurisce nella sperimentazione: chi lo sostiene è ritenuto fermo al secolo XVII.

Oggi la scienza si basa su altre basi, che non ritengono l’aspetto empirico determinante, relegando ad un “neo-medioevalismo” chi lo sostiene. Questa, piaccia o no, è la posizione più aggiornata della comunità scientifica.

Ma allora cos’è la Scienza, e cos’è la Fede?

La scienza riconosce come scientifica ogni disciplina che si attenga a determinate regole in cui la sperimentazione lascia spazio all’interpretazione e al metodo correttamente supportati.

Le particelle sub-atomiche sono “dedotte” e non osservate. La fisica quantistica non consente osservazioni né misurazioni. È empiricamente provato che la misurazione di alcune particelle non è possibile perché esse sfuggono ai controlli mutando posizione e dimensioni nel tempo e nello spazio.

Chi si affida dunque al solo aspetto empirico è un “fideista scientifico” che divinizza la scienza.

Tutto ciò che oggi è “scientifico” lo è in base a una fede. Una fede nella speranza che la teoria formulata sia accettabile.

Il problema, se viene trasferito in ambito religioso pone dunque il problema di un approfondimento sulla credibilità di ciò in cui si crede, e nella speranza che quel che si spera sia corretto.

Papa Francesco, non a caso disse ai giovani: “Date testimonianza della vostra speranza”, e ancora “Non lasciatevi rubare la speranza”

La speranza deve però necessariamente essere sottoposta al tribunale della credibilità e della razionalità, che superano però l’aspetto dell’empirismo.

Avere una fede religiosa significa dunque affidarsi a una speranza supportata dalla credibilità.

Questo legame tra fede e speranza è proposto dalla presenza di questi due aspetti tra le Virtù Teologali (Fede, Speranza e Carità) in cui è implicito il cammino tra la potenza e l’atto: se io credo (fede) è perché spero (speranza), e attuo questo nella carità. “Credo ut intelligam, intelligo ut credam”: “Credo per capire, capisco perché credo” (Sant’Agostino).

È più facile, evidentemente arrivare a dimostrare filosoficamente l’esistenza di Dio. Ma è il Dio a cui si accede con la Filosofia.

Il Dio della religione non si può raggiungere con i limiti umani, perché esige la Fede.

Ne risulta che il peccato originale (visto sotto l’aspetto religioso, ma anche sotto quello del principio dell’evoluzione umana) sia logicamente identificato come il rifiuto di non accettare i limiti che sono dell’uomo, pretendendo di andare oltre i limiti a quindi di essere noi stessi Iddio.

E altrettanto chiaramente si può dunque accettare che la Fede non sia certezza.

Il merito dell’uomo sarà dunque quello di affidarsi alla speranza che le proprie teorie (sia scientifiche che religiose) siano quelle giuste.

Nella vita di tutti i giorni, ormai quasi inconsapevolmente facciamo scelte di fede che sono speranze e non certezze.

Quando depositiamo i denari in banca, facciamo un atto di fede nella speranza che l’istituto scelto sia affidabile.

Se ci rivolgiamo ad un medico, lo facciamo per la fede nella speranza che sia affidabile.

Se consegnamo i nostri figli a un insegnante lo facciamo per la fede nella speranza che egli sia affidabile.

La Fede diventa dunque Affidabilità nella Speranza.

La religione però supera questo tipo di rapporto. Lo conserva nell’affidabilità nella speranza nel Dio Creatore, ma aggiunge anche il modo per arrivare oltre: la Carità.

Deus Caritas est. Dio è Carità nella sua accezione di amore. L’amore nel nostro linguaggio è declinato in modo stretto e riduttivo. I Greci avevano tre modi di definirlo, Eros, Filia e Àgape, mentre noi ne abbiamo solo uno. I Latini distinguevano l’Amor dalla Caritas.

L’eros è l’amore carnale, fisico passionale. La philia è l’amore dell’amicizia del trasporto sentimentale. L’àgape è invece l’amore disinteressato, senza alcun fine né fisico né utilitaristico: l’amore gratuito che non tiene conto del tornaconto e neppure della propria felicità, ma finisce per portare ad essa.

La Caritas dunque è la sublimazione dell’Amore. Deus Caritas est significa “Dio è Amore puro, vero incondizionato e gratuito”, ovvero la soluzione finale a cui portano Fede e Speranza.

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