L'autorità di Gesù e l'umiltà di accettare la sequela
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L’autorità di Gesù e l’umiltà di accettare la sequela

«Non chi dice “Signore, Signore” …»

«In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafarnao,] insegnava. Ed erano stupìti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi» (Dalla liturgia).

«Egli insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi». Gesù è stato inviato dal Padre per rivelare ciò che di Dio può essere noto all’uomo su questa terra.

Gesù è a sua volta è Dio, la persona divina del Figlio, generato e non creato, prima di tutti i secoli, dalla stessa sostanza del Padre, che in un certo luogo e in una certa data ha assunto la nostra natura umana, è divenuto veramente uomo, senza per questo smettere di essere veramente Dio. Da qui gli deriva l’autorità con cui parla.

Nessuno poteva, può e potrà parlare con quella autorità, perché la rivelazione di Dio è completa con Gesù. Il magistero della Chiesa non ha l’autorità di proporre nulla di nuovo rispetto a quanto insegnato da Gesù: deve limitarsi a custodire, approfondire e annunciare quel deposito della fede che Dio ci ha lasciato, e che, completato con la morte dell’ultimo degli apostoli, non può essere modificato da nessuno.

L’episodio raccontato oggi nella pagina del Vangelo di Marco accade in un luogo che non può lasciarci indifferenti: la sinagoga.

Verrebbe da pensare che il demonio non dovrebbe trovarsi in un luogo sacro, in un recinto dove si coltiva la teologia, la liturgia, la relazione con Dio. Ma il Vangelo ci dice espressamente che il male non si trova solo nei bassifondi delle nostre città dove delinquenza, droga, sfruttamento fanno da padroni. Il male può alloggiare comodamente anche in ambienti dove la fede e la pratica religiosa sembrano avere il posto d’onore.

Nessuno si scandalizzi, ma il demonio non ha problemi a lasciarci dire decine di rosari o a partecipare a innumerevoli messe. Il suo scopo è non far attecchire in noi il Vangelo e se per far questo deve ubriacarci di pratica religiosa allora egli ce ne darà ad oltranza.

Il Vangelo, invece, quando è davvero ascoltato è sempre una rovina per la nostra mentalità mondana. Il Vangelo distrugge gli equilibri che ci creiamo da soli e forse anche in buona fede e che in realtà nascondono molta infelicità e la presunzione di salvarci da soli.

Puoi militare nella Chiesa come la miglior guardia armata di valori e principi, e poi non essere disposto a perdonare il torto subito, a ribellarti alla Croce quando si presenta, a preferire l’orgoglio all’umiltà, a usare disprezzo invece di misericordia, a distruggere tuo fratello con la calunnia o il parlar male.

Chi vive in questo modo percepisce il Vangelo come sale su una ferita. Per questo il demonio dice a Gesù: «Che c’entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio». A cosa serve sapere che Gesù è il santo di Dio se poi non vogliamo lasciarci “rovinare” da Lui?
“O mia dolce e amata rovina”.

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