San Paolo: conversione o vocazione?
Un tema molto dibattuto tra i teologi: la risposta negli Atti degli Apostoli
La vicenda di Paolo è ben nota. Tutti sappiamo quanto, quello che diverrà l’apostolo delle genti, si accanì contro i cristiani.
Agli occhi di Saulo i seguaci di Gesù costituivano una setta, che addirittura arrivava ad essere pericolosa. E lui, cittadino romano per diritto di nascita a Tarso, e fervente ebreo che aveva studiato alla prestigiosa scuola di Gamaliele a Gerusalemme, aveva assunto la posizione più estrema.
Era infatti impegnato a scovare, denunciare e anche a arrestare i cristiani, ben conscio che sarebbero stati condannati a morte certa e crudele.
Anche il viaggio verso Damasco, in cui Gesù si manifestò in una grande luce che lo accecò, ammonendolo, era funzionale alla cattura e alla consegna alle autorità di alcuni cristiani.
Il tema teologico che avvolge la vicenda è molto interessante: fino a che punto per Paolo si può parlare di conversione, o si tratta piuttosto dell’investitura in una vocazione da cui prese corpo l’annuncio universale anticipato dal Cristo?
L’importanza teologica dell’evento viene confermato dal fatto che esso viene narrato in tre punti diversi degli Atti degli Apostoli, e precisamente in At 9,1-9, in At 22,6-11 e in At 26,12-18 con sfumature che tendono a sottolineare differenti momenti cruciali.
Etimologicamente pare emergere il termine che viene tradizionalmente usato, ovvero la «conversione». L’Enciclopedia Treccani sul sito ufficiale precisa: «Conversione … In latino conversio, da converti o se convertere, vale originariamente “portarsi dall’uno all’altro luogo”, “volgersi verso qualcuno o qualche cosa” “cambiare direzione” o “strada”». Pare dunque tutto molto appropriato e calzante alla vicenda di Saulo e della successiva vita di Paolo.
In realtà dobbiamo però considerare quanto Gesù aggiunse nel dialogo con Saulo, quando quest’ultimo era a terra e privato della vista. Dopo essersi manifestato e identificato, Gesù assegnò a Paolo un incarico: in At 22,10 leggiamo «… E il Signore mi disse: “Àlzati, va’ a Damasco e là ti sarà detto tutto ciò che è stabilito che tu faccia». Ancora più specifico è il messaggio dettagliato in At 26,16-18 in cui Paolo racconta l’evento a Agrippa Berenice: «Ma ora àlzati e sta dritto in piedi, poiché ecco il motivo per cui ti sono apparso: per costituirti ministro e testimonio delle cose che tu hai veduto in me e di quelle che io ancora ti mostrerò. Per questo ti libererò dal popolo e dai pagani, ai quali io ti mando, per aprire loro gli occhi perché si convertano dalle tenebre alla luce e dal poitere di Satana a Dio, perché ottengano per la fede in me la remissione dei peccati e partecipino all’eredità dei santi».
Su queste basi siamo certamente in un ambito vocazionale, con tanto di chiamata, di ascolto, di risposta e di esecuzione del mandato.
Una conversione-vocazione che lascia aperte mille deduzioni teologiche.