Essere credenti oggi: la ricerca di una religiosità matura
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Essere credenti oggi: la ricerca di una religiosità matura

Il rapporto tra Religione e Psicologia

Nel contesto odierno assume una grande rilevanza l’aspetto psicologico, specialmente in quegli ambiti che sono i più intimi e personali dell’uomo.

La vita moderna ha aggiunto varie pressioni che si sono trasformate in altrettanti stress per l’uomo, portandolo in un certo senso ad allontanarsi dalla propria essenza di base, modificando comportamenti, modo di vivere e creando una nuova gerarchia di valori.

La religiosità, comunque, rimane un aspetto che l’uomo non può far a meno di considerare, sia in via diretta, quando si riconosce in una fede, che in via indiretta per le implicazioni sociali che derivano anche dal passato e dalla formazione culturale.

Qual è dunque il rapporto tra psicologia e religione?

Esiste una specifica disciplina che tratta l’argomento, non sotto l’aspetto della fede, dell’esistenza di Dio o della trascendenza, ma esclusivamente con metodo scientifico e in relazione all’influsso del credo nella mente umana.

La materia è stata trattata attraverso gli ultimi 200 anni circa da praticamente tutti i maggiori psicologi e autori, a partire da Freud.

Abbiamo avuto una corrente più antica che potremmo chiamare «Psicologia contro la Religione» sostenuta da quegli autori che hanno ritenuto l’aspetto religioso dannoso per l’uomo, tra cui lo stesso Freud, Watson, Skinner, Bandura, e (con sottili distinguo) anche Fromm.

Questa scuola di pensiero è stata contrastata da un’altra corrente, diametralmente opposta, che si potrebbe nominare «Psicologia per la Religione», sostenuta da Jung, Pfister, Rulla e altri. Questi ricercatori hanno invece evidenziato gli aspetti benefici che l’essere religioso apporta alla psiche.

Finalmente si è affermata in modo scientifico la “Psicologia della Religione”, con un proprio metodo e una ricerca obiettiva, e dunque scevra da ogni scelta di campo.

Gli alfieri della disciplina sono grandi nomi della Psicologia contemporanea, quali Allport, Eriksson, Winnicott, Vergote, Aletti e molti altri.

Cosa si è evidenziato

Gli studi più recenti hanno rivelato che la Religione è un fattore importantissimo nella formazione della personalità, induce a scelte e comportamenti, e segna la crescita della persona muovendo anche alla ricerca.

Tra gli effetti di essere credente si evidenziano la ricerca del senso in risposta a domande esistenziali, il riconoscimento di un ente «più alto» (fattore che aiuta ad un’elevazione anche in senso cognitivo), un rafforzamento di senso di appartenenza che agisce sul senso di sicurezza, e una complementarietà equilibrata tra aspetti emotivi e cognitivi.

La maggiore propensione alla religiosità è stata fatta risalire al rapporto tra madre e figli, e poi genitori e figli, durante l’infanzia: una miglior rapporto di fiducia nei genitori, si tramuta in una maggior tendenza alla religiosità.

Pro e contro

Non sempre però la religiosità viene percepita nel senso giusto. Per avere il massimo dei benefici della fede in ambito spirituale ma anche materiale, occorre quella che Allport definisce «Religiosità estrinseca», e che comunemente potremmo riassumere «fede matura».

Cosa significa avere una fede matura? Vuol dire avere una fede non guidata da una cieca adesione all’oggetto religioso, ma una convinta partecipazione ai significati e al riconoscimento della divinità. Si tratta di una fede che va oltre all’aspetto emotivo e non riduce la religione a morale.

Secondo Eriksson le fasi di crescita di una persona non si fermano come per Freud poco dopo il periodo adolescenziale, ma continuano fino alla morte. Suddivise la vita dell’uomo dapprima in 8 fasi, dalla nascita alla vecchiaia, e poi ne aggiunse una nona, che chiamò geo-trascendenza, ovvero il periodo della vecchiaia in cui, dopo aver fatto i conti con ciò che si è perso durante il cammino, si recupera tutto ciò che è disseminato nell’inconscio e si tende, con la saggezza, ad avvicinare l’universalità.

Se questa è la «fede matura», vediamo ora come si manifesta una «fede immatura». È un’espressione che manifesta esagerazioni e/o mancanze, anche con comportamenti eccessivi. È tipica di una strumentalizzazione, anche inconscia, del desiderio di soddisfare bisogni personali attraverso un credo. Si pone dunque l’uomo al centro, emarginando Dio e riducendolo a un’emozione. È una fede che ha bisogno del miracolismo, del liturgismo, dell’attivismo sfrenato. Da questa condizione si può migliorare, anche perché con l’esagerazione solitamente si perde l’essenziale.

Il Cattolicesimo è la religione della gioia: tutto ciò che allontana questo soggetto va valutato con attenzione.

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