La Giustizia di Dio non è quella di Scribi e Farisei
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La Giustizia di Dio non è quella di Scribi e Farisei

Il nostro senso di giustizia è limitato dalle condizioni umane

Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
(Dalla liturgia)

«Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei non entrerete nel regno dei cieli». E com’è la giustizia dei scribi e dei farisei? Gli scribi e i farisei non erano persone gaudenti spensierate, che si disinteressavano della legge di Dio. Tutt’altro. Erano persone che osservavano con grande scrupolo i numerosi (centinaia!) precetti della legge ebraica. Però Gesù non approva il loro modo di osservare la legge, anzi dice con chiarezza che chi osserva la legge in quel modo sarà escluso dal regno dei cieli.

Il problema è l’animo, il modo con cui scribi e farisei si rapportavano alla legge che Dio aveva consegnato a loro: guardavano più all’esterno che all’interno dell’uomo. Osservavano la legge in modo apparentemente molto scrupoloso (e questo è un bene, non possiamo pensare che Dio ci abbia dato una legge perché vuole che non venga osservata!), ma in realtà cercavano il modo di rispettarne la forma tradendo la sostanza.

La legge di Dio va interpretata e applicata nella vita alla luce del duplice comandamento dell’amore: ama Dio con tutto te stesso e ama il prossimo come te stesso. È inutile illudersi di voler fare la volontà di Dio se riduciamo il nostro rapporto con Dio con un’adesione formale, fatta di alcuni riti e di alcune abitudini, ma che poi sono estranee alla nostra vita reale, quotidiana.

L’insegnamento del Signore tocca la sostanza del nostro vivere quotidiano, vuole che incida nella nostra vita di ogni giorno. La legge del Signore deve essere amata prima ancora di essere rispettata, deve essere osservata con il cuore. Non la si può applicare come una legge fiscale, che viene obbedita perché si è obbligati a farlo, ma si cerca di farlo nel modo meno oneroso possibile.

Per chiarire questi concetti Gesù ci da un esempio concreto. Non uccidere: non basta non togliere la vita fisica: questo è doveroso, ma è il minimo. Occorre anche evitare tutto ciò che attenta all’amore che si deve a ogni uomo: il rancore, la maldicenza, ogni offesa. Il Signore ci da una legge morale non per aggiungere un peso alla nostra vita, che talvolta è già pesante di suo, ma per liberarci dal peso del peccato e guidarci ad una vita più giusta, più gioiosa.

L’insistenza unilaterale che oggi spesso si fa sulla sola misericordia di Dio dimentica ciò che la Bibbia, e il magistero costante della Chiesa – il solo che interpreta la sacra scrittura secondo verità – ci insegnano: cioè che Dio unisce all’infinita misericordia anche l’infinita giustizia. Dio è il Padre amoroso che ci aspetta a braccia aperte, al termine della nostra vita, ma nel contempo è il giusto giudice che peserà sulla sua infallibile bilancia il bene e il male delle nostre azioni. Nascondere uno di questi due aspetti di Dio non è cattolico, e soprattutto non è vero, in altre parole è falso. Il paradiso ci attende, e il paradiso è un dono di Dio, ma non possiamo dimenticare che per poterlo avere non lo dobbiamo rifiutare, allontanandoci dalla via del bene che il Signore con i suoi insegnamenti ci indica.

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