Libro dei Giudici, esegesi e importanza della donna
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Libro dei Giudici, esegesi e importanza della donna

Redatto circa nel VII-VI secolo a.C. riporta eventi riferiti a 6 secoli prima

Il Libro dei Giudici si presta facilmente all’esercizio dell’esegesi, in quanto presenta aspetti che si indagano con semplicità attraverso i livelli necessari, che sono: linguistico, narrativo e attualizzante. Possiamo dunque applicare i tre metodi: storico-critico, narrativo-narratologico e teologico-spirituale.

È la narrazione di come in Israele crebbero corruzione e degrado fino ad arrivare alla guerra civile che provocò l’avvento della monarchia. Dimostra con l’esposizione degli eventi, che quanto più Israele si allontanò da Dio, tanto più crebbero violenza e mancanza di dignità e personalità, con conseguente perdita anche della terra.

Possiamo inoltre scorgere chiari riferimenti ad una rivalutazione della donna, che, seppure in un periodo in cui era vessata e scarsamente considerata, si erge a protagonista sostituendo delle imbarazzanti figure maschili e rilanciando narrazione e elementi sostanziali.

È la donna infatti che risulta nel Libro dei Giudici la più affidabile «collaboratrice» del disegno di salvezza di Dio, in una Israele che si allontana dal creatore ed è sempre più incline ad affidarsi agli idoli.

Non manca l’aspetto simbolico, ma le vicende di Israele nel libro, appaiono chiaramente dettagliate ed espressive di un momento in cui, mancando Dio, Israele ha bisogno della monarchia.

Gli eventi narrati sono fatti risalire a partire dal XIV secolo a.C. ma il libro fu redatto in epoca esilica, quindi attorno al VII/VI secolo a.C.

Innanzitutto va detto che Giudice per gli israeliti non è inteso in forma giudicante, ma come personaggio carismatico in qualità di guida del popolo. Solo Deborah era sia l’una che l’altra cosa.

Caleb, Acsa e Otniel

Il primo dei Giudici che analizzeremo sarà Otniel, sposo di Acsa, la quale assurge a vera protagonista e esecutrice del volere di Dio.

Il padre di Acsa, Caleb, promette che il guerriero che sconfiggerà Kiriat-Sepher, avrà in sposa sua figlia Acsa. Si comprende come la potestà maschile e quindi paterna sia assoluta.

Quando Otniel si presenta per ottenere il premio, Acsa non si dimostra dimessa e passiva, ma compie il gesto (teatrale e inaspettato per il tempo) di SCENDERE (verbo importante in chiave esegetica) dal suo asino e persuadere il marito a chiedere per lei una dote. Un fatto inimmaginabile nella cultura ebraica di circa 3500 anni fa.

La richiesta consiste in un campo con due sorgenti, per indicare l’interesse di Acsa per il bene della propria discendenza, fattore fondamentale per la minima considerazione della donna a quei tempi.

Acsa diviene quindi da oggetto (di conquista e premio) a soggetto (di avvenire e discendenza), attraverso un intervento coraggioso che si potrebbe considerare addirittura «impertinente».

Da notare una cosa importante: sia Caleb che Acsa e Otniel sono citati in Giudici col loro nome. Si tratta dunque di personaggi che conservano ancora una personalità e una dignità, che nel corso del libro sarà persa gradatamente fino arrivare all’ultimo giudice, il peggiore, più corrotto e autoreferenziale: Sansone. La vicenda finale del levita e della sua concubina sarà caratterizzato dalla presenza di sole figure anonime.

Otniel è dunque un Giudice che «non interviene», mentre al suo posto è Acsa a prendere l’iniziativa: dopo che la tribù di Giuda è «SALITA» alla vittoria, «SCENDE» dall’asino, «VIENE» (azione dinamica) incontro al marito, lo PERSUADE (il verbo è sinonimo in ebraico biblico di «manipolare», «sedurre») a sostenerla nella richiesta della dote.

Acsa diventa dunque il modello delle donne del Libro dei Giudici.

Il degrado di Israele non si interruppe e il Libro dei Giudici narra le vicende di Deborah, Giaele, di Barak, del generale Sisara, della figlia di Iefte, di Sansone, di suo padre Manoach e di sua madre, di Dalilah, della madre anonima di Mika e infine del levita e della sua concubina.

Sansone

Come anticipato l’ultimo dei giudici di Israele fu Sansone, che fu un «dono di Dio» annunciato alla madre da un angelo.

A quel punto il degrado in Israele era pressoché totale, e Sansone risulta come il più egoista e auto-referenziale dei giudici.

Destinato al nazireato, infranse più volte i voti prescritti, bevendo vino, cibandosi di alimenti considerati impuri, sposandosi ben due volte e con donne filistee (non solo straniere ma anche nemiche).

Sansone si ricorda di Dio solo nel momento estremo e conclusivo della sua vita, e Dio lo ascolta dandogli ancora uno sprazzo della forza persa col taglio dei capelli da parte di Dalilah che usò la seduzione in accezione negativa. Il significato della narrazione è che Dio non abbandona in nessun caso il suo progetto di salvezza.

Sansone, invece di essere salvatore del suo popolo, ne causò la rovina, ma la promessa di Dio, che con Sansone sarebbe INIZIATA la salvezza di Israele, si avverò.

Conclusione

Il Libro narra ancora un evento, che indica il grado di violenza estrema che fu raggiunto. Un levita aveva una concubina che lo abbandonò per tornare nella sua casa paterna. Non è chiaro se il motivo fosse un tradimento da parte della donna oppure il levita la obbligasse a prostituirsi. Fatto sta che dopo molti colpi di scena il levita recupera la donna, la quale diviene da soggetto a oggetto, in un percorso inverso di quello di Acsa. Durante il viaggio di ritorno, per evitare di essere violentato da una banda di gaabiti, il levita lascia che sia brutalizzata sessualmente fino al mattino la concubina. Recuperatala morta la carica (SALIRE) sul carro, e una volta a casa la smembra in 12 parti inviandone ognuna ad ogni tribù di Isreale.

I verbi

Il Libro dei Giudici riporta sistematicamente e significativamente una serie di verbi, che ricorrono ad ogni momento topico delle narrazioni.

Si tratta di una ghiotta occasione per gli esegeti, che possono analizzare le varie sfumature dei significati, in modo da percepire la volontà espressiva del redattore.

Troviamo il CADERE AI PIEDI, il CALARE DALL’ALTO VERSO IL BASSO, il DORMIRE SULLE GINOCCHIA, e molte altre espressioni che sono importanti nella analisi teologica e nei rimandi vetero e neo testamentari.

Donne decise hanno assecondato il progetto di Dio, sostituendo uomini indecisi, pavidi o diffidenti verso Dio

Il Libro dei Giudici è dunque una miniera indizi esegetici, ma anche un forte motivo di proposta di rivalutazione della figura femminile.

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