Titulus Crucis e Salmo 21: Gesù è Dio e il Padre è misericordioso
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Titulus Crucis e Salmo 21: Gesù è Dio e il Padre è misericordioso

Cosa indicava in realtà il cartiglio, e cosa disse Gesù morendo

Il titulus crucis era il cartiglio apposto sulla sommità del palo della croce, sul quale veniva indicato il motivo della condanna dei crocefissi.

Come sappiamo dal Vangelo, anche per Gesù venne adempiuta questa triste formalità, con la motivazione espressa i tre lingue: il latino (lingua giuridica nel territorio controllato dall’Impero Romano), il greco (la lingua dei dotti del tempo, diffusa come oggi è l’inglese), e l’ebraico, lingua della ritualità religiosa nell’Israele del tempo. Il linguaggio comunemente utilizzato dal popolo era invece l’aramaico, in una forma evoluta dall’idioma mesopotamico di circa 5 o 6 secoli prima.

Il Vangelo ci informa anche che i capi giudei si scandalizzarono nel vedere la motivazione della condanna di Gesù, che letteralmente riportava “Gesù il Nazareno, re dei giudei”.

Ad una prima interpretazione si potrebbe pensare che la richiesta formulata a Pilato per correggere il titulus crucis, fosse per modificarla in “Gesù, COLUI CHE DISSE di essee il re dei giudei”, ma in relatà non è così.

Se facciamo riferimento alla inscrizione in lingua ebraica, abbiamo la frase: “Yeshua HaNotzri VeMelech HaYehudim” che suona esattamente come il tetragramma sacro, ovvero il nome di Dio che gli Ebrei non pronunciano per profondo rispetto.

In pratica ciò che leggeva un ebreo sul titulus crucis di Gesù corrispondeva ad aver crocifisso Dio.

Non è l’unica volta che nei Vangeli e nella Bibbia riscontriamo la grande ironia di Dio, il quale utilizzò anche questa forma per trasmettere al mondo il proprio messaggio.

Un’altra importante annotazione si può ricavare da alcune fra le ultime parole di Gesù: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato».

Anche in questo caso dobbiamo far riferimento alla cultura religiosa ebraica per evitare di interpretare in modo errato. Alcuni lettori saltuari del Vangelo pensano che queste parole siano frutto di una sfiducia di Gesù nei confronti del Padre: nulla di più sbagliato!

Dobbiamo ricordare che gli Ebrei avevano e hanno l’abitudine di recitare i salmi pronunciando ad alta voce i primi versetti, per poi proseguire sottovoce. Gesù in effetti pronunciò la frase che ci è stata riportata, che corrisponde al secondo versetto del salmo 21. Il salmo è un’esaltazione della misericordia e dell’aiuto di Dio che porta alla giustizia dopo che il suo servo è stato ingiustamente perseguitato.

La foto del titolo riporta il Titulus Crucis conservato nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, a Roma, sulla cui autenticità ancora si dibatte. Fu ritrovato nel 1492 in un astuccio che lo custodiva da almeno 3 secoli. Alcuni studiosi ne sostengono l’autenticità, altri la contestano, ma diversi ritengono che, se non originale, possa essere comunque una riproduzione attendibile.

Nella foto qui sotto abbiamo invece una ricostruzione grafica del Titulus Crucis, tale da leggere le 3 inscrizioni. Si ricorda che l’ebraio co si legge da destra verso sinistra.

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